Da Adranone a Zabut

SAMBUCA DI SICILIA (6000 ab.) è situata nella parte occidentale della provincia di Agrigento. Fu fondata dall’Emiro “Al Zabut” (lo Splendido) subito dopo il primo sbarco arabo in Sicilia nell’827. Testimonianza viva di questa origine sono l’intero quartiere dei Vicoli saraceni e il fortino di Mazzallakkar. Sambuca di Sicilia, Sambuca Zabut fino al 1923, attraverso i secoli si è sviluppata culturalmente e urbanisticamente: le Chiese: del Carmine (oggi Santuario di Maria SS. dell’Udienza), di Santa Caterina, di San Giuseppe, della Concezione, dei Vassalli, della Matrice, del Rosario, del Collegio, di San Michele, di San Francesco (annessa al convento dei Cappuccini), di San Giovanni, di Gesù e Maria, di Santa Lucia, di San Calogero, del Purgatorio; i palazzi: Beccadelli, Campisi (oggi sede della Banca di Credito Cooperatico), Ciaccio, Oddo, (o Palazzo dell’Arpa, sede del comune)Gandolfo, Fiore, Planeta, Panitteri-Truncali (oggi sede del Museo Archeologico); il Teatro comunale “L’Idea” (con tre file di palchi, gioiello del Liberty siciliano); il terrazzo Belvedere; le torri di Cellaro (V sec.) e Pandolfina (XIII sec); conventi e bevai ne sono testimonianza. A Nord si estende Ardagna, zona di villeggiatura, ricca di sorgenti e di verde in mezzo a cui sorge il villino ducale del Marchese della Chabuta (Sambuca).

MONTE ADRANONE (VII-VI sec. a.C.) è tra i più occidentali siti archeologici del territorio agrigentino, a circa 1000 m. s.l.m., a settentrione del moderno abitato di Sambuca di Sicilia, nella Valle del Belìce, al confine tra il territorio provinciale di Trapani e di palermo. La storia dell’antico centro di Monte Adranone indubbiamente colonia selinuntina – si svolge pertanto in un particolare contesto derivante dal contatto tra l’area sicana ellenizzata e l’area elimo-punica, con una decisa preminenza della componente punica a partire dagli inizi del IV sec. a. C., ovvia conseguenza del consolidarsi del predominio cartaginese nella Sicilia occidentale, dalla caduta di Selinun
te alla morte di Dionisio I. Per quanto riguarda l’identificazione del sito, si è inclini a riconoscervi quell’Adrano citata da Diodoro in relazione alle vicende della prima guerra punica: identificazione già paventata e proposta dal Cluverio e ripresa dall’Holm, anche in presenza di dati toponomastici essenziali. Gli scavi sistematici ne hanno, finora, univocamente dimostrato una generale e violenta distruzione intorno alla metà del III sec. a.C. con sporadiche presenze – forse di guarnigioni di controllo – nel corso della seconda guerra punica.

Gli scavi regolari risalgono al 1968 e da allora annuali campagne hanno portato alla luce la necropoli, la poderosa cinta muraria e vasti settori della città, dell’area suburbana e dell’area sacra.

La città si estendeva su un territorio ondulato pressoché triangolare culminante a NE con l’area sacra dell’Acropoli e degradava a terrazzi verso SW in direzione della profonda insellatura che distingue le due colline su cui si sviluppa l’intero abitato e che forse coincideva con un asse stradale fondamentale della città stessa.

La necropoli si estendeva a sud dell’abitato, nella zona attualmente corrispondente all’area di ingresso della zona archeologica e dell’antiquaria, e da essa, pertanto, si inizia la visita della città antica.

ALLA SCOPERTA DELLA TERRA DI ZABUT 

Gli Adragnini in Ardagna – Distrutta Adranone gli abitanti superstiti fondarono una nuova città più a valle cui dettero il nome di Adragnus (oggi Ardagna) per ricordare la loro città di origine. Adragnus, originariamente fu un borgo rurale pressoché ignorato dai Romani. Nel periodo paleocristiano fu evangelizzato e divenne una comunità cristiana. Vi sorsero successivamente, su finire del primo millennio, imponenti chiese. Si ha notizia certa di tre luoghi di culto dedicati a San Vito martire, a San Nicolò di Bari e alla Madonna Bambina.

Nel periodo saraceno questa comunità restò chiusa e limitata ai rapporti con gli arabi che, costruita ZABUT più a Sud nel cuore della vallata, pretesero dai cristiani di Adragnus il pagamento della «gesìa», n tributo che veniva fatto pagare ai cristiani per potere professare senza noie la propria fede con atti liturgici e culto pubblico. La tradizione popolare e la leggenda indicano (come già cennato in apertura) quale fondatore di sambuca l’Emiro AL-Zabut, un seguace dell’ascetico conquistatore maghrebino Ibn Mankud l’«ardente guerriero della fede», signore indipendente delle Kabyle di Trapani, Marsala e Sciacca che guidò le truppe d’assalto dell’Affriyquia alla conquista di Castrogiovanni, Val di Noto e, dopo lungo assedio, alla presa di Siracusa, allora capitale bizantina dell’isola.

IN VISITA NELLA CITTÁ DI ZABUT – Il forestiero-visitatore che arriva a Sambuca, sia che vi giunga dall’interno della Sicilia (Palermo-Corleone) o dalle strade statali che costeggiano il Mare Mediterraneo,  entra nella cittadina dall’unico ingresso che storicamente fu la Porta principale di ZABUT: Porta Santa Maria sulla Via Grande, oggi Corso Umberto I. Si tratta di un asse viario urbano che taglia in due parti Sambuca. Infatti la cittadina si adagia su una collina in leggero declivio da Nord verso Sud-Est a forma di schiena d’asino. Nel Corso Umberto che va dalla strada statale 188 sino agli archi su cui è costruito il Palazzo Municipale. Dal Municipio, sempre verso Nord, il corso cambia nome e si chiama Via Belvedere perché conduce ad un ampio terrazzo ricavato dagli spalti dell’antico Castello di Zabut che fu demolito nell’800, da dove si può ammirare un suggestivo panorama.

All’ingresso del Corso Umberto I, sulla sinistra, adiacente la Piazza Libertà, si trova la Villetta comunale, mentre sulla destra troviamo un vecchio fabbricato ingiallito dal tempo che ospitò per diversi decenni un mulino meccanico e la Sala cinematografica “Elios”.

TEATRO COMUNALE – Da qui inizia l’impianto urbano più monumentale di tutta la cittadina. A destra subito dopo la Villetta comunale si trova il Teatro comunale, oggi Teatro “L’Idea”. Gioiello dell’artigianato locale della prima metà dell’800. Fu costruito tra il 1948ne il 1851 a spese di un gruppo di borghesi, aperto agli influssi artistico-letterario-patriottici, ma creatore anche di iniziative promozionali autonome. Infatti, sono sorti pressoché contemporaneamente i grandi teatri siciliani come il Massimo e il Politeama di Palermo, il Bellini di Catania e il Regina Margherita nella vicina Girgenti.